Un mendicante cieco:
l'ultimo della fila, un naufrago della vita, relitto abbandonato al buio nella
polvere di una strada di Palestina. Poi improvvisamente tutto si mette in moto:
passa Gesù ed è come un piccolo turbine, si riaccende il motore della vita,
soffia un vento di futuro. Bartimeo comincia a gridare: Gesù, abbi pietà. È,
tra tutte, la preghiera più cristiana ed evangelica, la più umana. Rimasta
nelle nostre liturgie, nel suono antico di «Kyrie eleison» o di «Signore,
pietà», confinata purtroppo nell'ambito riduttivo dell'atto penitenziale. Non
di perdono si tratta. Quando preghiamo così, come ciechi, donne o lebbrosi del
Vangelo, dobbiamo liberare in volo tutto lo splendido immaginario che preme
sotto questa formula, e che indica grembo di madre, vita generata e partorita
di nuovo. La misericordia di Dio comprende tutto ciò che serve alla vita
dell'uomo. Bartimeo non domanda pietà per i suoi peccati, ma per i suoi occhi
spenti. Invoca il Donatore di vita in abbondanza: mostrati padre, sentiti madre
di questo figlio che ha fatto naufragio, ridammi alla luce! La folla fa muro al
suo grido: Taci! Disturbi! Terribile pensare che davanti a Dio la sofferenza
sia fuori luogo, che il dolore possa disturbare. Ma è così ancora, abbiamo
ritualizzato la religione e un grido fuori programma disturba. Ma la vita è un
fuori programma continuo: la vita non è un rito. C'è nell'uomo un gemito, di
cui abbiamo perso l'alfabeto; un grido, su cui non riusciamo a sintonizzarci. Invece
il rabbi ascolta e risponde. E si libera tutta l'energia della vita. Lo notiamo
dai gesti, quasi eccessivi: Bartimeo non parla, grida; non si toglie il mantello,
lo getta; non si alza da terra, ma balza in piedi. La fede porta con sé un
balzo in avanti, porte che si spalancano, sentieri nel sole, un di più illogico
e bello. Credere è acquisire bellezza del vivere. Bartimeo guarisce come uomo,
prima che come cieco. Guarisce in quella voce che lo accarezza: qualcuno si è
accorto di lui, qualcuno lo tocca, anche solo con una voce amica, e lui esce
dal suo naufragio umano: l'ultimo comincia a riscoprirsi uno come gli altri. È
chiamato con amore e allora la sua vita si riaccende, si rialza in piedi, si precipita,
anche senza vedere, verso una voce, orientato da una parola buona che ancora
vibra nell'aria. Sentire che qualcuno ci ama rende fortissimi. Anche noi ci
orientiamo nella vita come il mendicante cieco di Gerico, forse senza vedere
chiaro, ma sull'eco della Parola di Dio, ascoltata nel Vangelo, nella voce
intima che indica la via, negli eventi della storia, nel gemito e nel giubilo
del creato. E che continua a seminare occhi nuovi e luce nuova sulla terra.
E.
Ronchi
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