C'è una festa grande,
in una casa di Cana di Galilea: le porte sono aperte, come si usa, il cortile è
pieno di gente, gli invitati sembrano non bastare mai alla voglia della giovane
coppia di condividere la festa, in quella notte di fiaccole accese, di canti e
di balli. C'è accoglienza cordiale perfino per tutta la variopinta carovana che
si era messa a seguire Gesù, salendo dai villaggi del lago. Il Vangelo di Cana
coglie Gesù nelle trame festose di un pranzo nuziale, in mezzo alla gente,
mentre canta, ride, balla, mangia e beve, lontano dai nostri falsi ascetismi.
Non nel deserto, non nel Sinai, non sul monte Sion, Dio si è fatto trovare a
tavola. La bella notizia è che Dio si allea con la gioia delle sue creature,
con il vitale e semplice piacere di esistere e di amare: Cana è il suo atto di
fede nell'amore umano. Lui crede nell'amore, lo benedice, lo sostiene. Ci crede
al punto di farne il caposaldo, il luogo originario e privilegiato della sua
evangelizzazione. Gesù inizia a raccontare la fede come si racconterebbe una
storia d'amore, una storia che ha sempre fame di eternità e di assoluto. Il
cuore, secondo un detto antico, è la porta degli dei. Anche Maria partecipa
alla festa, conversa, mangia, ride, gusta il vino, danza, ma insieme osserva
ciò che accade attorno a lei. Il suo osservare attento e discreto le permette
di vedere ciò che nessuno vede e cioè che il vino è terminato, punto di svolta
del racconto: (le feste di nozze nell'Antico Testamento duravano in media sette
giorni, cfr. Tb 11,20, ma anche di più). Non è il pane che viene a mancare, non
il necessario alla vita, ma il vino, che non è indispensabile, un di più
inutile a tutto, eccetto che alla festa o alla qualità della vita. Ma il vino
è, in tutta la Bibbia, il simbolo dell'amore felice tra uomo e donna, tra uomo
e Dio. Felice e sempre minacciato. Non hanno più vino, esperienza che tutti
abbiamo fatto, quando ci assalgono mille dubbi, e gli amori sono senza gioia,
le case senza festa, la fede senza slancio. Maria indica la strada: qualunque
cosa vi dica, fatela. Fate ciò che dice, fate il suo Vangelo, rendetelo gesto e
corpo, sangue e carne. E si riempiranno le anfore vuote del cuore. E si
trasformerà la vita, da vuota a piena, da spenta a felice. Più Vangelo è uguale
a più vita. Più Dio equivale a più io. Il Dio in cui credo è il Dio delle nozze
di Cana, il Dio della festa, del gioioso amore danzante; un Dio felice che sta
dalla parte del vino migliore, del profumo di nardo prezioso, che sta dalla
parte della gioia, che soccorre i poveri di pane e i poveri di amore. Un Dio
felice, che si prende cura dell'umile e potente piacere di vivere. Anche
credere in Dio è una festa, anche l'incontro con Dio genera vita, porta
fioriture di coraggio, una primavera ripetuta.
E.
Ronchi
Nessun commento:
Posta un commento
Grazie per il commento