Gesù si trovava in un
luogo solitario a pregare. Silenzio, solitudine, preghiera: è un momento carico
della più grande intimità per questo piccolo gruppo di uomini. E i discepoli
erano con lui... Intimità tra loro e con Dio. È una di quelle ore speciali in
cui l'amore si fa come tangibile, lo senti sopra, sotto, intorno a te, come un
manto luminoso; momenti in cui ti senti «docile fibra dell'universo»
(Ungaretti). In quest'ora importante, Gesù pone una domanda decisiva, qualcosa
da cui poi dipenderà tutto: fede, scelte, vita... ma voi, chi dite che io sia?
Gesù usa il metodo delle domande per far crescere i suoi amici. Le sue domande
sono scintille che accendono qualcosa, che mettono in moto cammini e crescite.
Gesù vuole i suoi poeti e pensatori della vita. «La differenza profonda tra gli
uomini non è tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti»
(Carlo Maria Martini) La domanda inizia con un “ma”, ma voi, una avversativa,
quasi in opposizione a ciò che dice la gente. Non accontentatevi di una fede
“per sentito dire”, per tradizione. Ma voi, voi con le barche abbandonate, voi
che avete camminato con me per tre anni, voi miei amici, che ho scelto a uno a
uno, chi sono io per voi? E lo chiede lì, dentro il grembo caldo dell'amicizia,
sotto la cupola d'oro della preghiera. Una domanda che è il cuore pulsante
della fede: chi sono io per te? Non cerca parole, Gesù, cerca persone; non
definizioni di sé ma coinvolgimenti con sé: che cosa ti è successo quando mi
hai incontrato? Assomiglia alle domande che si fanno gli innamorati: - quanto
posto ho nella tua vita, quanto conto per te? E l'altro risponde: tu sei la mia
vita. Sei la mia donna, il mio uomo, il mio amore. Gesù non ha bisogno della
opinione di Pietro per avere informazioni, per sapere se è più bravo dei
profeti di prima, ma per sapere se Pietro è innamorato, se gli ha aperto il
cuore. Cristo è vivo, solo se è vivo dentro di noi. Il nostro cuore può essere
la culla o la tomba di Dio. Può fare grande o piccolo l'Immenso. Perché
l'Infinito è grande o piccolo nella misura in cui tu gli fai spazio in te, gli
dai tempo e cuore. Cristo non è ciò che dico di Lui ma ciò che vivo di Lui.
Cristo non è le mie parole, ma ciò che di Lui arde in me. La verità è ciò che
arde (Ch. Bobin). Mani e parole e cuore che ardono. In ogni caso, la risposta a
quella domanda di Gesù deve contenere, almeno implicitamente, l'aggettivo
possessivo “mio”, come Tommaso a Pasqua: Mio Signore e mio Dio. Un “mio” che
non indichi possesso, ma passione; non appropriazione ma appartenenza: mio
Signore. Mio, come lo è il respiro e, senza, non vivrei. Mio, come lo è il
cuore e, senza, non sarei.
E.
Ronchi
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