C'è qui un ragazzo che
ha cinque pani d'orzo e due pesci... Ma che cos'è questo per tanta gente? Quel
ragazzo ha capito tutto, nessuno gli chiede nulla e lui mette tutto a
disposizione: la prima soluzione davanti alla fame dei cinquemila, quella sera
sul lago e sempre, è condividere. E allora: io comincio da me, metto la mia
parte, per quanto poco sia. E Gesù, non appena gli riferiscono la poesia e il
coraggio di questo ragazzo, esulta: Fateli sedere! Adesso sì che è possibile
cominciare ad affrontare la fame. Come avvengano certi miracoli non lo sapremo
mai. Ci sono e basta. Ci sono, quando a vincere è la legge della generosità.
Poco pane condiviso tra tutti è misteriosamente sufficiente; quando invece io
tengo stretto il mio pane per me, comincia la fame. «Nel mondo c'è pane
sufficiente per la fame di tutti, ma insufficiente per l'avidità di pochi»
(Gandhi). Il Vangelo neppure parla di moltiplicazione ma di distribuzione, di
un pane che non finisce. E mentre lo distribuivano, il pane non veniva a
mancare; e mentre passava di mano in mano restava in ogni mano. Gesù non è
venuto a portare la soluzione dei problemi dell'umanità, ma a indicare la
direzione. Il cristiano è chiamato a fornire al mondo lievito più che pane
(Miguel de Unamuno): a fornire ideali, motivazioni per agire, il sogno che un
altro mondo è possibile. Alla tavola dell'umanità il vangelo non assicura
maggiori beni economici, ma un lievito di generosità e di condivisione, profezia
di giustizia. Non intende realizzare una moltiplicazione di beni materiali, ma
dare un senso, una direzione a quei beni, perché diventino sacramenti vitali. Gesù
prese i pani e dopo aver reso grazie li diede a quelli che erano seduti. Tre
verbi benedetti: prendere, rendere grazie, donare. Noi non siamo i padroni delle
cose. Se ci consideriamo tali, profaniamo le cose: l'aria, l'acqua, la terra,
il pane, tutto quello che incontriamo, non è nostro, è vita che viene in dono
da altrove, da prima di noi e va oltre noi. Chiede cura e attenzione, come per
il pane del miracolo («raccogliete i pezzi avanzati perché nulla vada perduto...e
riempirono dodici canestri»), le cose hanno una sacralità, c'è una santità
perfino nella materia, perfino nelle briciole della materia: niente deve andare
perduto. Il pane non è solo spirituale, rappresenta tutto ciò che ci mantiene
in vita, qui e ora. E di cui il Signore si preoccupa: «La religione non esiste
solo per preparare le anime per il cielo: Dio desidera la felicità dei suoi
figli anche su questa terra (Evangelii gaudium 182)». Donaci Signore il pane,
l'amore e la vita, perché per il pane, per la vita e per l'amore tu ci hai
creati.
E.
Ronchi
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