Gesù andò nella sua
patria e i discepoli lo seguirono.
Missione che sembra un
fallimento e invece si trasforma in una felice disseminazione: «percorreva i
villaggi insegnando». A Nazaret non è creduto e, annota il Vangelo, «non vi
poté operare nessun prodigio»; ma subito si corregge: «solo impose le mani a
pochi malati e li guarì». Il rifiutato non si arrende, si fa ancora guarigione,
anche di pochi, anche di uno solo. L'amante respinto non si deprime, continua
ad amare, anche pochi, anche uno solo. L'amore non è stanco: è solo stupito («e
si meravigliava della loro incredulità»). Così è il nostro Dio: non nutre mai rancori,
lui profuma di vita. Dapprima la gente rimaneva ad ascoltare Gesù stupita. Come
mai lo stupore si muta così rapidamente in scandalo? Probabilmente perché
l'insegnamento di Gesù è totalmente nuovo. Gesù è l'inedito di Dio, l'inedito
dell'uomo; è venuto a portare un «insegnamento nuovo» (Mc 1,27), a mettere la persona
prima della legge, a capovolgere la logica del sacrificio, sacrificando sé
stesso. E chi è omologato alla vecchia religione non si riconosce nel profeta
perché non si riconosce in quel Dio che viene annunciato, un Dio che fa grazia
ad ogni figlio, sparge misericordia senza condizioni, fa nuove tutte le cose.
La gente di casa, del villaggio, della patria (v.4) fanno proprio come noi, che
amiamo andare in cerca di conferme a ciò che già pensiamo, ci nutriamo di
ripetizioni e ridondanze, incapaci di pensare in altra luce. E poi Gesù non
parla come uno dei maestri d'Israele, con il loro linguaggio alto, “religioso”,
ma adopera parole di casa, di terra, di orto, di lago, quelle di tutti i
giorni. Racconta parabole laiche, che tutti possono capire, dove un germoglio,
un grano di senape, un fico a primavera diventano personaggi di una
rivelazione. E allora dove è il sublime? Dove la grandezza e la gloria
dell'Altissimo? Scandalizza l'umanità di Dio, la sua prossimità. Eppure è proprio
questa la buona notizia del Vangelo: che Dio si incarna, entra dentro
l'ordinarietà di ogni vita, abbraccia l'imperfezione del mondo, che per noi non
è sempre comprensibile, ma per Dio sempre abbracciabile. Nessun profeta è bene
accolto nella sua casa. Perché non è facile accettare che un falegname
qualunque, un operaio senza studi e senza cultura, pretenda di parlare da
profeta, con una profezia laica, quotidiana, che si muove per botteghe e
villaggi, fuori dal magistero ufficiale, che circola attraverso canali nuovi e
impropri. Ma è proprio questa l'incarnazione perenne di uno Spirito che, come
un vento carico di pollini di primavera, non sai da dove viene e dove va, ma
riempie le vecchie forme e passa oltre.
E.
Ronchi
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