La casa di Giairo è
una nave squassata dalla tempesta: la figlia, solo una bambina, dodici anni
appena, è morta. E c'era gente che piangeva e gridava. Di fronte alla morte
Gesù è coinvolto e si commuove, ma poi gioca al rialzo, rilancia, e dice a
Giairo: tu continua ad aver fede. E alla gente: la bambina non è morta, ma
dorme. E lo deridevano. Allora Gesù cacciò tutti fuori di casa. Costoro
resteranno fuori, con i loro flauti inutili, fuori dal miracolo, con tutto il
loro realismo. La morte è evidente, ma l'evidenza della morte è una illusione,
perché Dio inonda di vita anche le strade della morte. Prese con sé il padre e
la madre della bambina e quelli che erano con lui. Gesù non ordina le cose da
fare, prende con sé; crea comunità e vicinanza. Prende il padre e la madre, i
due che amano di più, ricompone il cerchio degli affetti attorno alla bambina,
perché ciò che vince la morte non è la vita, è l'amore. E mentre si avvia a un
corpo a corpo con la morte, è come se dicesse: entriamo insieme nel mistero, in
silenzio, cuore a cuore: prende con sé i tre discepoli preferiti, li porta a
lezione di vita, alla scuola dei drammi dell'esistenza, vuole che si addossino,
anche per un'ora soltanto, il dolore di una famiglia, perché così acquisteranno
quella sapienza del vivere che viene dalle ferite vere, la sapienza sulla vita
e sulla morte, sull'amore e sul dolore che non avrebbero mai potuto apprendere
dai libri: c'è molta più “Presenza”, molto più “cielo” presso un corpo o
un'anima nel dolore che presso tutte le teorie dei teologi Ed entrò dove era la
bambina. Una stanzetta interna, un lettino, una sedia, un lume, sette persone
in tutto, e il dolore che prende alla gola. Il luogo dove Gesù entra non è solo
la stanza interna della casa di Giairo, è la stanza più intima del mondo, la
più oscura, quella senza luce: l'esperienza della morte, attraverso la quale
devono passare tutti i figli di Dio. Gesù entrerà nella morte perché là va ogni
suo amato. Lo farà per essere con noi e come noi, perché noi possiamo essere
con lui e come lui. Non spiega il male, entra in esso, lo invade con la sua
presenza, dice: Io ci sono. Talità kum. Bambina alzati. E ci alzerà tutti,
tenendoci per mano, trascinandoci in alto, ripetendo i due verbi con cui i
Vangeli raccontano la risurrezione di Gesù: alzarsi e svegliarsi. I verbi di ogni
nostro mattino, della nostra piccola risurrezione quotidiana. E subito la
bambina si alzò e camminava, restituita all'abbraccio dei suoi, a una vita
verticale e incamminata. Su ogni creatura, su ogni fiore, su ogni bambino, ad
ogni caduta, scende ancora la benedizione di quelle antiche parole: Talità kum,
giovane vita, dico a te, alzati, rivivi, risorgi, riprendi il cammino, torna a
dare e a ricevere amore.
E.
Ronchi
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