Una vite e un
vignaiolo: cosa c'è di più semplice e familiare? Una pianta con i tralci
carichi di grappoli; un contadino che la cura con le mani che conoscono la
terra e la corteccia: mi incanta questo ritratto che Gesù fa di sé, di noi e
del Padre. Dice Dio con le semplici parole della vita e del lavoro, parole profumate
di sole e di sudore. Non posso avere paura di un Dio così, che mi lavora con
tutto il suo impegno, perché io mi gonfi di frutti succosi, frutti di festa e
di gioia. Un Dio che mi sta addosso, mi tocca, mi conduce, mi pota. Un Dio che
mi vuole lussureggiante. Non puoi avere paura di un Dio così, ma solo sorrisi. Io
sono la vite, quella vera. Cristo vite, io tralcio. Io e lui, la stessa cosa,
stessa pianta, stessa vita, unica radice, una sola linfa. Novità appassionata.
Gesù afferma qualcosa di rivoluzionario: Io la vite, voi i tralci. Siamo
prolungamento di quel ceppo, siamo composti della stessa materia, come
scintille di un braciere, come gocce dell'oceano, come il respiro nell'aria.
Gesù-vite spinge incessantemente la linfa verso l'ultimo mio tralcio, verso
l'ultima gemma, che io dorma o vegli, e non dipende da me, dipende da lui. E io
succhio da lui vita dolcissima e forte. Dio che mi scorri dentro, che mi vuoi
più vivo e più fecondo. Quale tralcio desidererebbe staccarsi dalla pianta?
Perché mai vorrebbe desiderare la morte? E il mio padre è il vignaiolo: un Dio
contadino, che si dà da fare attorno a me, non impugna lo scettro ma la zappa,
non siede sul trono ma sul muretto della mia vigna. A contemplarmi. Con occhi
belli di speranza. Ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più
frutto. Potare la vite non significa amputare, bensì togliere il superfluo e
dare forza; ha lo scopo di eliminare il vecchio e far nascere il nuovo.
Qualsiasi contadino lo sa: la potatura è un dono per la pianta. Così il mio Dio
contadino mi lavora, con un solo obiettivo: la fioritura di tutto ciò che di
più bello e promettente pulsa in me. Tra il ceppo e i tralci della vite, la
comunione è data dalla linfa' che sale e si diffonde fino all'ultima punta
dell'ultima foglia. C'è un amore che sale nel mondo, che circola lungo i ceppi
di tutte le vigne, nei filari di tutte le esistenze, un amore che si arrampica
e irrora ogni fibra. E l'ho percepito tante volte nelle stagioni del mio
inverno, nei giorni del mio scontento; l'ho visto aprire esistenze che
sembravano finite, far ripartire famiglie che sembravano distrutte. E perfino
le mie spine ha fatto rifiorire. «Siamo immersi in un oceano d'amore e non ce
ne rendiamo conto» (G. Vannucci). In una sorgente inesauribile, a cui puoi
sempre attingere, e che non verrà mai meno.
E.
Ronchi
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