MARIA NON
PERDE TEMPO (Lc 1,39-45)
Giovanni Battista che ci ha accompagnato nelle ultime
due domeniche di Avvento, in questa quarta domenica lascia il posto a Maria, la
donna del “sì” a Dio, senza condizioni. Il Vangelo di oggi, attraverso
una descrizione asciutta ed essenziale, crea come una specie di “fermo immagine” su di un momento
particolarmente critico e altrettanto significativo della vita di Maria e della
cugina Elisabetta. Infatti, quest’ultima si trova al sesto mese di gravidanza,
mentre Maria ha appena concepito nel suo grembo per opera dello Spirito Santo
il Messia promesso. E’ Maria che si muove, esce da casa sua per raggiungere
Elisabetta: “Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città
di Giuda”. Possiamo notare come il movimento sia veloce, non c’è spazio
per gli aggettivi, vengono evidenziate solo le azioni. Dentro a queste azioni
così concrete e visibili, le presenze invisibili ma da protagonisti dello
Spirito, di Gesù e di Giovanni. Si percepisce che c’è una decisione forte da
parte di Maria, rapida, evidenziata dall’alzarsi e che prosegue con un cammino
spedito verso una regione montuosa di Giuda. Arrivata da Elisabetta, al saluto
di Maria: “…il bambino sussultò nel suo grembo”, il bambino si muove nel
ventre della madre Elisabetta che esclama: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il
frutto del tuo grembo…E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che
il Signore le ha detto”. Maria è la più benedetta fra tutte le donne,
non tanto per una sua dignità, ma per quello che ha fatto Dio in lei. La
grandezza di Maria risiede nel fatto che ha creduto e, nell’incontro con
Elisabetta, trova la conferma della sua fede. In Maria, la fede non è la
conclusione di un cammino, ma il suo inizio. Ella si affida alla Parola del
Signore per poter camminare incontro all’altro e trovare conferma del proprio
credere. La fretta, l’urgenza di partire denotano la convinzione, la passione
che brucia dentro e la coscienza di essere portatori di qualcosa di grande. E
poi: “Maria
rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua”, nella
condivisione, arriva la pienezza. Maria, con la fede e la condivisione, ci
insegna la strada che porta alla pienezza della vita.
LA STORIA DEGLI
UOMINI E’ ABITATA DA DIO (Gv 1,1-8)
Da sempre l’uomo cerca in Dio la potenza, lo
splendore, la santità, l’alterità rispetto alla propria e all’altrui umanità
debole e fragile che contraddistingue anche soldati e re, potenti e imperatori.
Ma il racconto della nascita di Gesù mostra una via contraria: non il
riconoscimento e il potere ma l’anonimato e la piccolezza. E’ in questa direzione
che va cercato Dio. Nell’anonimato di chi si pone in ascolto, di Dio che parla
dentro a questa storia: come Maria, Giuseppe e i pastori… Ascolto e accoglienza
hanno caratterizzato fin dall’inizio della creazione la relazione fra Dio e
l’uomo. Dio vuole che l’uomo, sua creatura, sia libero di accogliere o non
accogliere, di ascoltare o non ascoltare. Nella creazione dell’uomo Dio ha
voluto e desidera qualcuno con cui dialogare e confrontarsi, ma l’uomo è
diventato antagonista, nemico. Ha preferito le tenebre. Dio tuttavia non ha mai
abbandonato il suo progetto originario, giungendo perfino a rinunciare alle sue
prerogative divine per mettersi nelle mani dell’uomo: “E il Verbo si fece carne e venne
ad abitare in mezzo a noi…Venne fra i suoi e i suoi non lo hanno accolto...”.
Il senso del Natale si gioca tutto qui, tra accoglienza e non accoglienza di
Dio che ha posto la sua dimora fra gli uomini: uomo fra gli uomini, piccolo fra
i piccoli, debole fra i deboli, povero fra i poveri, bisognoso di tutto, ma che
ci dona tutto. In realtà alcuni lo hanno accolto e a questi è stato dato il
potere di diventare figli di Dio: “…a quanti però lo hanno accolto, ha dato il
potere di diventare figli di Dio”. Certamente non è facile vivere
questo potere, perché è un potere “speciale”,
capace di farci vivere davvero come fratelli: figli dello stesso Dio Padre.
Allora, poniamoci con umiltà davanti a Gesù Bambino e, riconoscendo la sua
piccolezza, riconosciamo la nostra miseria e il nostro peccato, per
ricominciare una vita fatta di ascolto e di accoglienza. Gesù Bambino non è un
soprammobile da ammirare, ma è una creatura umana in carne ed ossa che ci
interpella e ci chiede accoglienza, ascolto, spazio vitale. Attenti ai tanti
presepi che in realtà sono altrettanti “natura
morta”, perché non ci aiutano a cambiare nulla della nostra vita. Attenti
al freddo bagliore delle luci ovunque diffuse, che in realtà non ci portano
quel calore umano del vero amore che solo Gesù è in grado di donarci. Buon
Natale a tutti.
don
Pietro
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