lunedì 24 dicembre 2018

Il pensiero di don Pietro - Domenica 23 dicembre, quarta di Avvento - Martedì 25 dicembre, Natale di N.S.G.C.


MARIA NON PERDE TEMPO (Lc 1,39-45)
Giovanni Battista che ci ha accompagnato nelle ultime due domeniche di Avvento, in questa quarta domenica lascia il posto a Maria, la donna del “sì” a Dio, senza condizioni. Il Vangelo di oggi, attraverso una descrizione asciutta ed essenziale, crea come una specie di “fermo immagine” su di un momento particolarmente critico e altrettanto significativo della vita di Maria e della cugina Elisabetta. Infatti, quest’ultima si trova al sesto mese di gravidanza, mentre Maria ha appena concepito nel suo grembo per opera dello Spirito Santo il Messia promesso. E’ Maria che si muove, esce da casa sua per raggiungere Elisabetta: “Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda”. Possiamo notare come il movimento sia veloce, non c’è spazio per gli aggettivi, vengono evidenziate solo le azioni. Dentro a queste azioni così concrete e visibili, le presenze invisibili ma da protagonisti dello Spirito, di Gesù e di Giovanni. Si percepisce che c’è una decisione forte da parte di Maria, rapida, evidenziata dall’alzarsi e che prosegue con un cammino spedito verso una regione montuosa di Giuda. Arrivata da Elisabetta, al saluto di Maria: “…il bambino sussultò nel suo grembo”, il bambino si muove nel ventre della madre Elisabetta che esclama: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo…E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”. Maria è la più benedetta fra tutte le donne, non tanto per una sua dignità, ma per quello che ha fatto Dio in lei. La grandezza di Maria risiede nel fatto che ha creduto e, nell’incontro con Elisabetta, trova la conferma della sua fede. In Maria, la fede non è la conclusione di un cammino, ma il suo inizio. Ella si affida alla Parola del Signore per poter camminare incontro all’altro e trovare conferma del proprio credere. La fretta, l’urgenza di partire denotano la convinzione, la passione che brucia dentro e la coscienza di essere portatori di qualcosa di grande. E poi: “Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua”, nella condivisione, arriva la pienezza. Maria, con la fede e la condivisione, ci insegna la strada che porta alla pienezza della vita.

LA STORIA DEGLI UOMINI E’ ABITATA DA DIO (Gv 1,1-8)
Da sempre l’uomo cerca in Dio la potenza, lo splendore, la santità, l’alterità rispetto alla propria e all’altrui umanità debole e fragile che contraddistingue anche soldati e re, potenti e imperatori. Ma il racconto della nascita di Gesù mostra una via contraria: non il riconoscimento e il potere ma l’anonimato e la piccolezza. E’ in questa direzione che va cercato Dio. Nell’anonimato di chi si pone in ascolto, di Dio che parla dentro a questa storia: come Maria, Giuseppe e i pastori… Ascolto e accoglienza hanno caratterizzato fin dall’inizio della creazione la relazione fra Dio e l’uomo. Dio vuole che l’uomo, sua creatura, sia libero di accogliere o non accogliere, di ascoltare o non ascoltare. Nella creazione dell’uomo Dio ha voluto e desidera qualcuno con cui dialogare e confrontarsi, ma l’uomo è diventato antagonista, nemico. Ha preferito le tenebre. Dio tuttavia non ha mai abbandonato il suo progetto originario, giungendo perfino a rinunciare alle sue prerogative divine per mettersi nelle mani dell’uomo: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi…Venne fra i suoi e i suoi non lo hanno accolto...”. Il senso del Natale si gioca tutto qui, tra accoglienza e non accoglienza di Dio che ha posto la sua dimora fra gli uomini: uomo fra gli uomini, piccolo fra i piccoli, debole fra i deboli, povero fra i poveri, bisognoso di tutto, ma che ci dona tutto. In realtà alcuni lo hanno accolto e a questi è stato dato il potere di diventare figli di Dio: “…a quanti però lo hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio”. Certamente non è facile vivere questo potere, perché è un potere “speciale”, capace di farci vivere davvero come fratelli: figli dello stesso Dio Padre. Allora, poniamoci con umiltà davanti a Gesù Bambino e, riconoscendo la sua piccolezza, riconosciamo la nostra miseria e il nostro peccato, per ricominciare una vita fatta di ascolto e di accoglienza. Gesù Bambino non è un soprammobile da ammirare, ma è una creatura umana in carne ed ossa che ci interpella e ci chiede accoglienza, ascolto, spazio vitale. Attenti ai tanti presepi che in realtà sono altrettanti “natura morta”, perché non ci aiutano a cambiare nulla della nostra vita. Attenti al freddo bagliore delle luci ovunque diffuse, che in realtà non ci portano quel calore umano del vero amore che solo Gesù è in grado di donarci. Buon Natale a tutti.      
                                                                                                                 don Pietro

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