sabato 17 novembre 2018

Il pensiero di don Pietro - domenica 18 novembre 2018


LA FINE (Mc 13,24-32)
Oggi non è facile parlare della “fine”, di un futuro che non viene più percepito come determinante e decisivo per ognuno di noi. Possiamo addirittura affermare che, nella mentalità odierna più diffusa, il futuro non c’è più, sì, perché c’è solo il presente. Un noto teologo statunitense ha affermato: “Ma come faccio a parlare di ciò che riguarda il futuro, se la maggioranza delle persone che mi ascoltano, quando appunto si sforzano di pensare al futuro, arrivano al massimo alle ferie del prossimo anno?” E’ proprio così infatti. Il tempo o meglio la percezione che i soggetti dell’Occidente avanzato hanno del tempo ha subito una specie di compressione sul presente, un vero e proprio appiattimento sulla dimensione del presente. L’allontanamento della morte quale “questione ultima” che spinge a prendere un orientamento al proprio vivere e la crisi economica e di valori sempre più diffusa, portano non solo ad aver paura del futuro, ma semplicemente ad ignorarlo. L’uomo contemporaneo è afferrato da un “vitalismo” che lo porta a vivere la sua stessa esistenza nella logica di un consumo tale che, la vita stessa è da consumare, da spremere e succhiare senza alcun pensiero di riferimento al passato, al presente e soprattutto al futuro. In questo contesto i grandi temi della fine, del giudizio, della realtà della morte, del paradiso, del purgatorio e dell’inferno, non sono per niente facili da riproporre. Eppure oggi il Vangelo ci “inchioda” su questi temi e ci invita ad alcune considerazioni. La prima è che la fine personale e quella che tocca ogni cosa che esiste ci sarà, per cui varrebbe la pena almeno pensarci. Tuttavia il pensiero del credente non è oscuro né pessimista, perché la fine coincide con un incontro, quello con il Signore della vita, nel quale si è vissuta questa vita. Ora, se la fine coincide con questo meraviglioso incontro, possiamo paradossalmente affermare che si tratta di un nuovo inizio. Se crediamo nel Signore della vita, la fine non ci terrorizza né ci spaventa, ma la affrontiamo con la massima fiducia e abbandono: “Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo”. Oggi il tempo  viene talmente compresso sul presente da costringerci a non avere più tempo da dedicare a noi stessi, alla cura e alla conoscenza della nostra persona, alla coltivazione e all’ascolto di se stessi. Parlare e pensare alla fine è in fondo un esercizio continuo di un interrogativo decisivo: chi sta vivendo la mia vita?          

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