martedì 18 settembre 2018

Il pensiero di don Pietro - domenica 16 settembre 2018


PENSARE E AGIRE SECONDO DIO (Mc 8,27-35)
Gesù comincia a rivelare ai suoi discepoli il suo destino, in modo che essi possano conoscere la sua identità, dal momento che alcuni iniziavano a manifestare dubbi e perplessità sul suo essere Figlio di Dio, vero Messia. Solo che la rivelazione di Gesù non combacia con le loro aspettative umane. I discepoli infatti, come del resto tanta gente, pensavano che egli avrebbe finalmente risolto i problemi del loro popolo Israele, che era ancora sottomesso al duro e dispotico dominio dei romani. Gesù si manifesta come un Messia “debole”, la cui via di salvezza non passa attraverso un’opposizione di forza e potenza, ma mediante l’umiliazione della croce: “Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere”. Questa rivelazione “spiazza” un po’ tutti i discepoli, al punto che lo stesso Pietro, pur riconoscendo la divinità di Gesù: “Tu sei il Cristo”, cioè, il “Consacrato di Dio”, il “Mandato dal Padre”, il “Messia del Signore”, si mette subito a protestare rifiutando di credere a ciò che aveva appena solennemente professato. Nessuna meraviglia, nessuna sorpresa! E’ ciò che capita anche a ognuno di noi quando qualche avvenimento negativo venisse a sconquassare i nostri progetti e i nostri piani. Anche noi ci lamentiamo dicendo: “perché Dio non ha impedito l’accaduto, o quanto meno l’ha permesso?” E, come nel caso di Pietro, anche noi veniamo ripresi da Gesù: “Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. Come è difficile accettare la via che Gesù ha scelto per portarci alla salvezza! Ma a guardar bene il realismo di Gesù è profondo: lui non ci salva dal di sopra né dal di fuori, ma dal di dentro. Entrando nella nostra umanità ferita e umiliata dal peccato, Gesù la porta alla salvezza, la risolleva portandola alla sua dignità originaria, mediante l’umiliazione della sua morte in croce. Dobbiamo riconoscere che c’è una logica stringente nel modo di procedere di Gesù, se pure difficile da accettare. E’ la logica della fede, è la logica dell’incarnazione, dell’amore e del dono di sé. E’ questa logica che porta il cristiano a “rinnegare se stesso, prendere la sua croce e seguire Gesù”…fino a dare la vita: “chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà”. Il realismo di Gesù è molto semplice: il fiore sta al frutto come la fede sta alla buone opere, il seme che muore sta al germoglio come il dono totale di sé sta alla vita eterna. Il martire infatti non sceglie la morte, ma il modo di vivere di Gesù, quindi gli toccherà anche lo stesso destino, la vita eterna.

Nessun commento:

Posta un commento

Grazie per il commento