IL MIRACOLO NASCOSTO (Mc 4,26-34)
Nel
vangelo di oggi leggiamo: “Il regno di Dio è come un uomo che getta il
seme sul terreno, dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e
cresce. Come, egli stesso non lo sa”. Questa frase ci fa capire che il
mistero della vita è nascosto in ogni cosa e persona ed è sempre all’opera,
opera meravigliosa di Dio. E’ Dio che può far crescere l’umanità, lui è la
sorgente della vera umanizzazione. L’attesa, il desiderio e la speranza di un
mondo più umano non dipenderà dalle nostre pretese di autosufficienza, ma dalla
nostra capacità di accogliere il dono di Dio. Per il vangelo la crescita del
piccolo seme gettato nel terreno richiede da parte nostra l’atteggiamento della
pazienza: noi siamo chiamati a collaborare alla realizzazione del regno di Dio,
ma non ne siamo i padroni. L’opera silenziosa di Dio nella storia può solo suscitare
in noi lo stupore, a cui possiamo rispondere con la nostra disponibilità. In
entrambe le parabole l’accento viene posto sulla forza misteriosa del seme, che
il contadino deve solo accompagnare, anche se non ne capisce del tutto l’intima
logica. Ciò significa che la forza e la vitalità del regno di Dio, imponendosi
in modo del tutto misterioso nella storia dell’uomo, devono spingere
quest’ultimo allo stupore e alla meraviglia. All’uomo, al credente tocca
l’impegno della contemplazione e della cura, affinché la promessa cominci a
realizzarsi. Infatti, all’origine, durante e nel compimento finale, il regno di
Dio è di Dio, cioè, pura gratuità e dono per la salvezza dell’uomo. Se il regno
di Dio deve essere accolto come pura gratuità e dono, ciò significa che Dio è
sempre all’opera nella storia dell’uomo, con le sue modalità e i suoi tempi,
che spesso e volentieri non sono le stesse dell’uomo. Ecco il motivo per cui il
cristiano è chiamato a praticare la pazienza come capacità di cercare in modo
graduale la volontà di Dio e come arte di accogliere e vivere l’incompiutezza.
Dio ha pazienza nel sostenere e portare avanti la realizzazione del suo regno,
così l’uomo dovrà avere pazienza riconoscendo la sua incompiutezza con se
stesso e nelle relazioni con gli altri. Allora la pazienza diventa attenzione
al tempo dell’altro, nella piena coscienza che il tempo lo si vive al plurale,
con gli altri, facendone un impegno di relazione, di incontro, di amore. Il
seme ha bisogno di tempo per germogliare, crescere e dare frutti; il cristiano
deve assumere nella propria esistenza il tempo dell’altro, che sia di Dio o del
fratello: questo è l’amore, questo è il regno di Dio.
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