Gesù mette i dodici, e
noi con loro, sotto il giudizio di quel limpidissimo e stravolgente pensiero:
chi vuol essere il primo sia l'ultimo e il servo di tutti. Offre di se stesso
tre definizioni, una più contromano dell'altra: ultimo, servitore, bambino. Chi
è il più grande? Di questo avevano discusso lungo la via. Ed ecco il modo
magistrale di Gesù di gestire le relazioni: non rimprovera i suoi, non li
giudica, non li accusa, pensa invece ad una strategia per educarli ancora. E lo
fa con un gesto inedito: un abbraccio a un bambino. Il Vangelo in un abbraccio,
che apre una intera rivelazione: Dio è così, più che onni-potente,
onniabbracciante (K. Jaspers). Gesù mette al centro non se stesso, ma il più
inerme e disarmato, il più indifeso e senza diritti, il più debole, il più
amato, un bambino. Se non diventerete come bambini... Gesù ci disarma e
sguinzaglia il nostro lato giocoso, fanciullesco. Arrendersi all'infanzia è
arrendersi al cuore e al sorriso, accettare di lasciare la propria mano in
quella dell'altro, abbandonarsi senza riserve (C. Cayol). Proporre il bambino
come modello del credente è far entrare nella religione l'inedito. Cosa sa un
bambino? La tenerezza degli abbracci, l'emozione delle corse, il vento sul
viso... Non sa di filosofia né di leggi. Ma conosce come nessuno la fiducia, e
si affida. Gesù ci propone un bambino come padre, nel nostro cammino di fede.
«Il bambino è il padre dell'uomo» (Wordsworth). I bambini danno ordini al
futuro. E aggiunge: Chi lo accoglie, accoglie me! fa un passo avanti, enorme e
stupefacente: indica il bambino come sua immagine. Dio come un bambino!
Vertigine del pensiero. Il Re dei re, il Creatore, l'Eterno in un bambino? Se
Dio è come un bambino significa che va protetto, accudito, nutrito, aiutato,
accolto (E. Hillesum). Accogliere, verbo che genera il mondo nuovo come Dio lo
sogna. Il nostro mondo avrà un futuro buono quando l'accoglienza, tema
bruciante oggi su tutti i confini d'Europa, sarà il nome nuovo della civiltà;
quando accogliere o respingere i disperati, i piccoli, che sia alle frontiere o
alla porta di casa mia, sarà considerato accogliere o respingere Dio stesso. A
chi è come loro appartiene il regno di Dio. I bambini non sono più buoni degli
adulti, sono anche egocentrici, impulsivi e istintivi, a volte persino
spietati, ma sono maestri nell'arte della fiducia e dello stupore. Loro sì sanno
vivere come i gigli del campo e gli uccelli del cielo, incuriositi da ciò che porta
ogni nuovo giorno, pronti al sorriso quando ancora non hanno smesso di asciugarsi
le lacrime, perché si fidano totalmente. Del Padre e della Madre. Il bambino
porta la festa nel quotidiano, è pronto ad aprire la bocca in un sorriso quando
ancora non ha smesso di asciugarsi le lacrime. Nessuno ama la vita più appassionatamente
di un bambino. Accogliere Dio come un bambino: è un invito a farsi madri, madri
di Dio. Il modello di fede allora sarà Maria, la Madre, che nella sua vita non
ha fatto probabilmente nient'altro di speciale che questo: accogliere Dio in un
bambino. E con questo ha fatto tutto.
E.
Ronchi
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