Nel giorno dopo il
sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora
buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro...
Pasqua è la suprema
avventura della storia. E ci chiama a celebrare ad occhi aperti l'immensa
migrazione degli uomini verso la vita. Ci chiama ad alzarci, a misurarci nel
duello di vita e morte, disperazione e speranza che si combatte in noi. «Fino a
che non siamo chiamati ad alzarci \ non conosciamo la nostra statura. \ Ma se
ci alziamo davvero \ arriverà al cielo la nostra statura» (E. Dickinson).
Arriverà al cielo non per la nostra forza, che è ben poca, ma per la nostra
fede. Perché in me c'è Cristo, che è disceso agli inferi, è andato fino nel
fondo oscuro della materia, negli inferi della storia, per dare loro energia e
direzione verso la luce, verso la libertà e l'amore. Se io comincio a pensare che
nella profondità della materia, in me, nelle parti oscure del mio essere è discesa
la luce divina per illuminarmi, per risuscitare amore e bellezza, allora anch'io
posso dire di essere nella Pasqua ciò che il Credo dice di Cristo, anch'io sono
"luce da luce". In me e in ciascuno, nel santo e nel peccatore, nel
ricco e nell'ultimo immigrato, nella vittima e perfino nel carnefice c'è il
Cristo risorgente, qui e ora risorgente, che trascina verso l'alto, come un fiume
di luce, tutte le cose, fino a che sarà tutto in tutti. Che già trascina i
discepoli: «Correvano insieme Pietro e Giovanni, ma l'altro discepolo corse più
veloce di Pietro». Che bisogno c'era di correre? Perché tutti corrono in questo
mattino? Tutto ciò che riguarda Gesù non merita prudenza, merita di correre,
merita la fretta dell'amore, l'amore ha sempre fretta, è sempre in ritardo sul
bisogno di comunione. La vita urge, preme, ha fretta di macigni rotolati via
dall'imboccatura del cuore. Non è ancora fede, ma un'antica speranza, un'ansia
illogica di qualcosa di impossibile. «Chi non si aspetta l'impossibile non lo
raggiungerà mai» (Democrito). Giovanni, il discepolo che Gesù amava, che
nell'ultima cena posò il capo sul suo petto, che conoscerà i segreti del cielo
("Dio è amore") arriva prima di Pietro, il discepolo ardente, capace
di sguainare la spada nell'orto degli ulivi, solo in mezzo ai nemici, per
difendere Cristo, capace poi di tradirlo, di buttarsi nudo in mare per
raggiungere la riva dove lo ha intravisto. Giovanni, che Gesù amava, arriva per
primo a capire il significato della risurrezione. Il lasciarsi amare da Dio,
l'amore passivo, è gravido delle rivelazioni più alte. Allora, in questo
giorno, amami tu, Signore. Anche se non sono amabile, anche se sono povero e ti
amo poco, anche se non lo merito, amami tu, Signore. Quando non ho voglia di
amarti, quando ho paura di te e fuggo, quando nessuno mi ama, amami tu,
Signore. E correrò, come Giovanni; mi volterò verso di te, come Maria; brucerà
il cuore come ai due di Emmaus.
Amami tu, Signore, e
sarà Pasqua.
E.
Ronchi
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