Maria e Giuseppe
portano Gesù al tempio per presentarlo al Signore, ma non fanno nemmeno in
tempo a entrare che subito le braccia di un uomo e di una donna se lo
contendono: Gesù non appartiene al tempio, egli appartiene all'uomo. È nostro,
di tutti gli uomini e le donne assetati, di quelli che non smettono di cercare
e sognare mai, come Simeone; di quelli che sanno vedere oltre, come Anna, e
incantarsi davanti a un neonato, perché sentono Dio come futuro. Gesù non è
accolto dai sacerdoti, ma da un anziano e un'anziana senza ruolo, due
innamorati di Dio che hanno occhi velati dalla vecchiaia ma ancora accesi dal
desiderio. È la vecchiaia del mondo che accoglie fra le sue braccia l'eterna giovinezza
di Dio. Lo Spirito aveva rivelato a Simeone che non avrebbe visto la morte
senza aver prima veduto il Messia. Parole che lo Spirito ha conservato nella
Bibbia perché io le conservassi nel cuore: tu non morirai senza aver visto il
Signore. La tua vita non si spegnerà senza risposte, senza incontri, senza
luce. Verrà anche per me il Signore, verrà come aiuto in ciò che fa soffrire,
come forza di ciò che fa partire. Io non morirò senza aver visto l'offensiva di
Dio, l'offensiva del bene, già in atto, di un Dio all'opera tra noi, lievito
nel nostro pane. Simeone aspettava la consolazione di Israele. Lui sapeva
aspettare, come chi ha speranza. Come lui il cristiano è il contrario di chi
non si aspetta più niente, ma crede tenacemente che qualcosa può accadere. Se
aspetti, gli occhi si fanno attenti, penetranti, vigili e vedono: ho visto la
luce preparata per i popoli. Ma quale luce emana da questo piccolo figlio della
terra? La luce è Gesù, luce incarnata, carne illuminata, storia fecondata. La
salvezza non è un opera particolare, ma Dio che è venuto, si lascia abbracciare
dall'uomo, mescola la sua vita alle nostre. E a quella di tutti i popoli, di tutte
le genti... la salvezza non è un fatto individuale, che riguarda solo la mia vita:
o ci salveremo tutti insieme o periremo tutti. Simeone dice poi tre parole immense
a Maria, e che sono per noi: egli è qui come caduta e risurrezione, come segno
di contraddizione. Cristo come caduta e contraddizione. Caduta dei nostri
piccoli o grandi idoli, che fa cadere in rovina il nostro mondo di maschere e
bugie, che contraddice la quieta mediocrità, il disamore e le idee false di
Dio. Cristo come risurrezione: forza che mi ha fatto ripartire quando avevo il
vuoto dentro e il nero davanti agli occhi. Risurrezione della nobiltà che è in
ogni uomo, anche il più perduto e disperato. Caduta, risurrezione, contraddizione.
Tre parole che danno respiro alla vita, aprono brecce. Gesù ha il luminoso
potere di far vedere che le cose sono abitate da un «oltre».
(E. Ronchi)
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