L’unica
legge capace di allargare il cuore
Luca intende sottolineare la differenza (la vera differenza) fra il
cristiano e il mondo. Per Luca gli atteggiamenti positivi da assumere nei confronti
del nemico sono addirittura quattro: amare, far del bene, benedire, pregare.
Amare significa, qui come altrove, l'amore pieno, attivo, solidale,
preoccupato, che non attende di essere ricambiato per donarsi. Non si aspetta
il ravvedimento del nemico per poi amarlo, ma lo si ama già prima. Se si
desidera il suo ravvedimento – e per questo si prega – è perché già ci si sente
responsabile nei suoi confronti. Così inteso, l'amore al nemico è la punta
dell'amore del prossimo. L'amore al nemico, infatti, evidenzia – come non
accade in nessuna altra forma di amore – le due note profonde di ogni autentico
amore evangelico. Anzitutto la tensione all'universalità: nell'amore al nemico
la figura del «vicino» si dilata sino a rinchiudere anche il «più lontano»: chi
è più lontano del nostro nemico? E poi la nota della gratuità, che è l'anima di
ogni vero amore. La figura del nemico di cui Luca parla è, possiamo dire,
quotidiana, normale: non si tratta del persecutore, ma più semplicemente di chi
sparla di noi, ci odia e ci maltratta. Le esemplificazioni concrete sono
numerose, e vanno al di là dello stretto ambito del nemico: si parla infatti
non solo di chi odia, percuote, ruba, ma anche di chi chiede un prestito senza
avere poi la possibilità di ridare. Luca è particolarmente interessato a
sottolineare la gratuità dell'amore. Le motivazioni che giustificano l'amore al
nemico sono due: distinguersi dai peccatori ed essere figli dell'Altissimo. Si
tratta di comportarsi come il proprio Dio, «benevolo verso gli ingrati e i
cattivi». L'aggettivo «benevolo» in greco dice l'amore attento, accogliente,
mite, che non fa pesare ciò che dona. E «ingrato» (sempre in greco) sottolinea
una volta di più l'assenza di ogni pretesa di reciprocità. Non si ama il
lontano perché si avvicini. Lo si ama perché si vuole prolungare sino a lui la
benevolenza di Dio. Sono convinto di dire cose sorprendentemente paradossali.
Ma si tratta del Vangelo. E poi, se si guardano le cose più attentamente, si
può anche intuire che il perdono è paradossale, ma anche necessario per la convivenza,
a ogni livello: nelle relazioni familiari, nelle relazioni amicali, nella
società. Addirittura nelle relazioni fra i popoli. Senza un minimo di
riconciliazione il mondo non sta in piedi. Un vecchio rabbino soleva dire che
quando Dio creò il mondo, non riusciva a farlo stare in piedi. Poi creò il
perdono, e il mondo stette in piedi.
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