martedì 16 gennaio 2018

Il pensiero di don Pietro - domenica 14 gennaio 2018

IL COMPITO DEL TESTIMONE: PORTARE A GESU’! (Gv. 1,35-42)

In questa seconda domenica del tempo ordinario l’evangelista Giovanni ci racconta come alcuni discepoli del Battista siano passati a seguire Gesù, che diventerà il loro nuovo Maestro. Si scopre innanzitutto che il mistero della chiamata si dà all’interno del dinamismo di relazioni interpersonali. Il Vangelo ci mostra chiaramente che, se nel passato la rivelazione avveniva attraverso voci misteriose e visioni, ora si fa presente nella persona tangibile di Cristo, nella cui casa si può abitare: “…videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui”. Ancora una volta siamo qui ad affermare che il Vangelo è l’incontro con una persona speciale, Gesù, e che questo incontro deve diventare testimonianza di vita. Il compito del testimone è quello di portare i fratelli a Gesù, mediante le scelte, le azioni e la propria storia personale. Le parole non bastano più, bisogna mettere sul piatto tutta la nostra esperienza personale, il nostro vissuto e la nostra storia, senza cercare il successo né temere fallimenti. Che cosa può voler dire, allora, essere testimoni che aiutano a incontrare Gesù? Solo incontrando Gesù è possibile vedere il volto visibile del Padre, che è il Dio invisibile. Pertanto, può diventare testimone che aiuta ad incontrare Gesù, solo colui che si lascia incontrare da Lui, continuando senza stancarsi a cercarlo. L’incontro con Gesù comincia sempre con queste parole: “Che cosa cercate?” Senza questo dinamismo di ricerca e di incontro, il testimone rischia di ridursi a un insopportabile “doganiere della fede”, come ebbe a dire papa Francesco. Lasciarsi incontrare da Gesù e aiutare i fratelli ad incontrare Gesù: questo è il compito del vero testimone. Ma c’è un altro aspetto che non va dimenticato, cioè, che il testimone non è mai un “solista” malato di protagonismo o esibizionismo. Il vero testimone si sente parte di una grande famiglia di fratelli nella fede, quelli vicini e quelli lontani, quelli viventi in terra e quelli viventi nella patria celeste. Papa Francesco insiste su questo aspetto: “Ai cristiani di tutte le comunità del mondo desidero chiedere soprattutto una testimonianza di comunione fraterna che diventi attraente e luminosa”. E ancora: “Ciascuna porzione del Popolo di Dio, traducendo nella propria vita il dono di Dio secondo il proprio genio, offre testimonianza alla fede ricevuta e la arricchisce con nuove espressioni che sono eloquenti” (EG). E’ a questo genio creativo della testimonianza che dobbiamo affidarci, se vogliamo realmente contrastare le nostre ritualità stanche, accettando l’invito del Maestro a rinascere dall’alto (Gv. 3,3).           

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