TENIAMO GLI OCCHI BEN APERTI (Mc.
13,33-37)
“E
quando la gente dirà: “C’è pace e sicurezza!”, allora d’improvviso la rovina li
colpirà…” Così San Paolo si
rivolgeva ai cristiani di Tessalonica per invitarli alla vigilanza. Oggi, nella
prima domenica di Avvento, la liturgia ci richiama di nuovo all’attesa
vigilante del Signore che viene a visitare il suo popolo, la sua gente. E’
normale che, se siamo convinti della visita del Signore, ci prepariamo anche in
modo adeguato ad accoglierlo. Sarebbe invece molto sciocco e da stolti vivere
il tempo di Avvento in modo superficiale. Travolti come siamo dal mondo
consumistico che, molto tempo prima del Natale, ci bombarda con le sue favole
artificiali, il rischio di stanchezza, di superficialità e di torpore rimane
molto alto. Ecco allora che l’invito di Gesù a tenere gli occhi aperti, a fare
attenzione e vegliare, diventa di assoluta attualità: “Fate attenzione, vegliate…lo
dico a tutti: vegliate!” Ne deriva che questo atteggiamento di attesa
vigilante, intelligente, creativa, operativa, “furba”, diventa la priorità del
credente, della vita di fede: tutto il resto viene di conseguenza. Lo stato di
veglia è indice di prontezza, di tensione interiore, di amore operoso, che si
alimenta con la preghiera e le opere buone. E vi è la necessità di una grande
speranza. Purtroppo esaminando la società odierna notiamo che la speranza è
quasi del tutto assente, ripiegati come siamo quasi esclusivamente sul
presente. Ma che vita è la nostra se non vi è un futuro straordinario da
attendere, ma solo un misero oggi da godere? In quale baratro precipita
l’umanità se non vi sono giorni per amare e sperare, ma solo notti in cui
gozzovigliare? Ogni uomo che si dica tale ha bisogno di attendere, di vegliare,
di aprirsi, di accogliere una novità che non entusiasma per una notte, ma per
la vita. E questa novità è esclusivamente frutto di un intervento di Dio!
Quando Dio agisce viene impressa una svolta nella storia, ed il mondo non è più
quello di prima… E’ proprio questo il senso della preghiera del profeta Isaia,
per dire al Signore il nostro desiderio che effettivamente cambi qualcosa per
noi, per la società: “Se tu squarciassi i cieli e discendessi…”,
il mondo cambierebbe! Attorno a noi c’è un oceano di superficialità, di
indifferenza e di apatia, ma siamo certi che ci siano ancora credenti
appassionati con il desiderio di un mondo nuovo, secondo il volere di Dio.
L’immagine del Dio vasaio, del profeta Isaia: “…noi siamo argilla e tu colui
che ci plasma…”, sia un invito a lasciarci modellare per la
meravigliosa opera della redenzione.
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