sabato 28 ottobre 2017

Il pensiero di don Pietro - domenica 29 ottobre 2017

L’AMORE DI DIO E’ RADICE DI OGNI ALTRO AMORE (Mt. 22,34-40)

La legge ebraica (=Tòrah) conteneva ben 613 precetti che ogni ebreo era tenuto ad osservare. Gesù viene interrogato da un dottore della legge su quale fosse il primo e più importante di questi precetti. Con sorpresa di tutti Gesù risponde: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Gesù riprende un passo che si trova al cap. 6 del Deuteronomio, dove si mette al primo posto l’adesione d’amore totale e incondizionata a Dio. E’ la preghiera recitata ancora oggi più volte al giorno dal pio ebreo. Poi conclude con un secondo comandamento simile al primo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. In questo modo Gesù lega indissolubilmente l’amore verso Dio all’amore verso il prossimo e viceversa. Per cui la radice dell’amore verso il prossimo è l’amore verso Dio, così come non si potrà amare Dio senza amare il prossimo. E’ interessante notare come l’incrociarsi delle due dimensioni dell’amore, quella verticale verso Dio e quella orizzontale verso l’uomo, formino una croce, che è in assoluto il segno più alto dell’amore. Non è difficile capire allora che il comandamento più grande è uno: quello dell’amore! Tuttavia è necessario precisare che, siccome nella nostra cultura il termine “amore” ha una connotazione sentimentale, nelle Scritture invece sta ad indicare una volontà ben determinata ad essere fedeli a Dio, una lealtà a tutta prova nei suoi riguardi, un “attaccamento” che appare vero se tradotto in una concreta pratica di vita. Ne fa parte la fedeltà alla preghiera, come apertura all’azione di Dio dentro di noi, la ricerca della sua volontà alla luce dell’insegnamento di Gesù, la traduzione in scelte concrete di ciò che Dio vuole di noi e da noi. L’amore a cui siamo chiamati da Gesù allora, non è solo sentimento, ma coinvolge tutto ciò che siamo e tutto ciò che possediamo. E là dove Gesù ci invita ad amare il prossimo “come te stesso”, non va inteso in senso narcisistico o egoistico, bensì come l’invito a prenderci cura del prossimo in quanto “è un altro te stesso”. E amare il prossimo non significherà fare la carità con quello che ci avanza, che è tipico della nostra cultura dello spreco o “dello scarto”, come direbbe papa Francesco, ma fare la carità condividendo quello che ci è necessario. Ancora una volta è Gesù che ci dà l’esempio, infatti, egli ha amato le persone che incontrava senza riserve, andando incontro alle loro sofferenze e alle loro necessità. Ma attenzione, senza il rapporto tenero e forte con il Padre questa bontà non sarebbe stata possibile neppure per Gesù.            

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