L’AMORE DI DIO E’ RADICE DI OGNI ALTRO
AMORE (Mt. 22,34-40)
La
legge ebraica (=Tòrah) conteneva ben
613 precetti che ogni ebreo era tenuto ad osservare. Gesù viene interrogato da
un dottore della legge su quale fosse il primo e più importante di questi
precetti. Con sorpresa di tutti Gesù risponde: “Amerai il Signore tuo Dio con
tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è
il grande e primo comandamento. Gesù riprende un passo che si trova al
cap. 6 del Deuteronomio, dove si mette al primo posto l’adesione d’amore totale
e incondizionata a Dio. E’ la preghiera recitata ancora oggi più volte al
giorno dal pio ebreo. Poi conclude con un secondo comandamento simile al primo:
“Amerai
il tuo prossimo come te stesso”. In questo modo Gesù lega
indissolubilmente l’amore verso Dio all’amore verso il prossimo e viceversa.
Per cui la radice dell’amore verso il prossimo è l’amore verso Dio, così come
non si potrà amare Dio senza amare il prossimo. E’ interessante notare come
l’incrociarsi delle due dimensioni dell’amore, quella verticale verso Dio e
quella orizzontale verso l’uomo, formino una croce, che è in assoluto il segno
più alto dell’amore. Non è difficile capire allora che il comandamento più
grande è uno: quello dell’amore! Tuttavia è necessario precisare che, siccome
nella nostra cultura il termine “amore”
ha una connotazione sentimentale, nelle Scritture invece sta ad indicare una
volontà ben determinata ad essere fedeli a Dio, una lealtà a tutta prova nei
suoi riguardi, un “attaccamento” che
appare vero se tradotto in una concreta pratica di vita. Ne fa parte la fedeltà
alla preghiera, come apertura all’azione di Dio dentro di noi, la ricerca della
sua volontà alla luce dell’insegnamento di Gesù, la traduzione in scelte
concrete di ciò che Dio vuole di noi e da noi. L’amore a cui siamo chiamati da
Gesù allora, non è solo sentimento, ma coinvolge tutto ciò che siamo e tutto
ciò che possediamo. E là dove Gesù ci invita ad amare il prossimo “come
te stesso”, non va inteso in senso narcisistico o egoistico, bensì come
l’invito a prenderci cura del prossimo in quanto “è un altro te stesso”. E amare il prossimo non significherà fare
la carità con quello che ci avanza, che è tipico della nostra cultura dello spreco
o “dello scarto”, come direbbe papa
Francesco, ma fare la carità condividendo quello che ci è necessario. Ancora
una volta è Gesù che ci dà l’esempio, infatti, egli ha amato le persone che
incontrava senza riserve, andando incontro alle loro sofferenze e alle loro
necessità. Ma attenzione, senza il rapporto tenero e forte con il Padre questa
bontà non sarebbe stata possibile neppure per Gesù.
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